Si narra, che la lavorazione del cashmere abbia origini molto antiche e che già Marco Polo, sul finire del XII secolo, fosse rimasto abbagliato dalla bellezza e morbidezza dei velli con cui si adornavano i Turcomanni ed i Tartari.
Secondo leggende orientali, mescolate a realtà, si racconta che nel 1400 il sultano del Kashmir, Bud Shah, cioè il Grande Re, discendente di Gengis Khan, essendo un amante della bellezza, volle invitare a corte un tessitore del Turkestan, affinché realizzasse per lui scialli degni di un re. Il tessitore ubbidì introducendo così a corte delle pregiatissime Pashmina (dal persiano Pashm=lana) destinate al maraja, capi di impareggiabile leggerezza.
Con il passare del tempo, queste preziose stole uscirono dalla esclusività delle corti, per entrare a far parte della vita delle classi più abbienti, sempre come simbolo dello status sociale, divenendo il dono d'amore che lo sposo portava in regalo alla sposa, dopo averlo fatto passare attraverso l'anello nuziale; rito praticato ancora oggi.
Ma è solamente nel XVIII e XIX secolo che il cashmere entra nel mondo delle corti europee; prima con la campagna d'Egitto(1792), dove i soldati di Napoleone combattevano l'esercito turco anche per depredarli dei “botteh”; sfarzosi scialli triangolari di cashmere in dotazione agli alti ufficiali, che i francesi riportavano alle mogli in patria, come bottino di guerra.
Poi attraverso la Compagnia delle Indie, queste “pashmine” finemente disegnate, si diffondono prima nell'Inghilterra vittoriana e nella Francia napoleonica e poi via via, andando ad impreziosire i candidi abiti neoclassici delle nobildonne europee.
Lo stesso Camillo Benso Conte di Cavour, intuendone le potenzialità economiche, cercò di impiantare in Italia l'allevamento di capre da cashmere ma senza successo; le condizioni climatiche infatti, non permettono all'animale di produrre la preziosa fibra.